Mese: Agosto 2020

  • Diritto di asilo, tornano in Italia i 5 eritrei che l’Italia aveva respinto illegalmente in Libia

    Diritto di asilo, tornano in Italia i 5 eritrei che l’Italia aveva respinto illegalmente in Libia

    Domenica 30 agosto sono atterrati a Ciampino i 5 eritrei che nel 2009 erano stati respinti illegalmente dalle autorità italiane e rinviati nuovamente in Libia nei campi di detenzione.
    Il tribunale civile  di Roma con la sentenza emessa il 28 novembre 2019 ha considerato illegittimo il respingimento condannando lo stato italiano al risarcimento dei danni materiali  e ha riconosciuto ai cinque eritrei il visto d’ingresso in Italia per poter fare domanda di protezione internazionale.

    I fatti

    Il 29 giugno 2009, 85 persone partirono dalle coste libiche a bordo di  un gommone con l’obiettivo di arrivare in Italia e negli altri paesi europei per chiedere asilo.

    Dopo tre giorni di viaggio il motore andò in avaria, e le persone a bordo lanciarono l’ SOS. La situazione si presentava drammatica per la mancanza di acqua, cibo e per le condizioni di salute di alcuni naufraghi. Il 1 luglio finalmente arrivarono  i soccorsi da parte dell’Italia.

    Solo alle prime luci dell’alba qualcuno si accorse che quelle imbarcazioni che li aveva salvati stava per ritornare in Libia. Furono riconsegnati alle autorità libiche che, dopo averli ammanettati, li riportarono a Tripoli, nei centri di detenzione, dove vissero per mesi in condizioni disumane, vittime di violenze e torture. Dopo mesi le 89 persone furono rilasciate. Alcuni di loro tentarono la nuova traversata, altri hanno perso la vita ed altri hanno ottenuto la protezione internazionale in paesi come al Germania e la Svizzera.

    Sedici eritrei, dopo aver attraversato il deserto, arrivarono in Israele, dove tutt’oggi rischiano di essere inviati nei paesi africani come l’Uganda e Rwanda.

    L’azione legale

    L’associazione studi giuridici sull’immigrazione e Amnesty International si sono attivati per rintracciare i 16 eritrei bloccati in Israele ed hanno intentato una causa legale presso il tribunale di Roma nei confronti della Presidenza del Consiglio e dei ministeri degli affari Esteri, della Difesa e dell’Interno.

    Nella causa intentata nel 2014, i ricorrenti chiedevano il diritto di fare ingresso in Italia per poter fare la domanda di protezione internazionale e il risarcimento danni per il respingimento illegale da parte delle autorità italiane.

    La sentenza del 28 novembre 2019

    La sentenza emessa il 28 novembre 2019 dal tribunale civile di Roma ha dato ragione ai ricorrenti, ordinando il rilascio dei visto di ingresso per poter presentare la domanda di protezione internazionale e condannando il governo italiano al risarcimento dei danni materiali.

    Amnesty International  ha definito la sentenza storica perchè si riconosce la necessità di “espandere il campo di applicazione della protezione internazionale volta a tutelare la posizione di chi, in conseguenza di un fatto illecito commesso dall’autorità italiana si trovi nell’impossibilità di presentare la domanda di protezione internazionale in quanto non presente nel territorio dello Stato, avendo le autorità dello stesso Stato inibito l’ingresso, all’esito di un respingimento collettivo, in violazione dei principi costituzionali e della Carta dei diritti dell’Unione europea“.

    La sentenza apre altri scenari in relazione alle politiche di esternalizzazione della frontiera e di gestione della rotta mediterranea attuata attraverso la collaborazione con le autorità libiche.

    Non solo, i contenuti della sentenza, ove fosse accertata la responsabilità delle autorità italiane, potrebbero interessare migliaia di migranti illegittimamente respinti  tra il 2009 e il 2010.

    I cinque etiopi arrivati in Italia, dovranno seguire un periodo di quarantena, e poi procedere per la domanda della protezione internazionale.


  • Ebru Timtik, l’avvocatessa turca per i diritti umani è morta in carcere dopo 238 giorni di digiuno

    Ebru Timtik, l’avvocatessa turca per i diritti umani è morta in carcere dopo 238 giorni di digiuno

    L’avvocata dei diritti umani, Ebru Timkit, era in carcere dal 2018 per una condanna a 13 anni e 6 mesi per  presunti reati connessi al terrorismo.
    In realtà aveva solo la “colpa” di battersi per la libertà di espressione e le fasce più deboli della popolazione. Insieme a lei il tribunale condannò altri 18 avvocati della Proggressive Lawyers ‘Association (ÇHD), per un totale di 159 anni di carcere.
    La corte d’appello confermò le condanne nell’ottobre 2019 senza esaminare i ricorsi presentati dai legali degli imputati.
    Dal 2 gennaio è entrata in sciopero della fame per avere un processo equo, una richiesta inascoltata e sfociata nel peggior dei modi. Il 27 agosto Ebru Timkit è morta dopo 238 giorni di digiuno.

    Il 14 agosto la Corte Costituzionale della Turchia aveva rigettato la richiesta di rilascio per lei e Ayrac Unsal, un altro avvocato arrestato e in sciopero della fame, nonostante le loro condizioni di salute non erano più idonee per la detenzione. Eppure per la Corte non vi erano elementi tali da far supporre un pericolo imminente per la loro vita.

    La stessa sorte è toccata a Helin Bolek, cantante di Grup Yorum  morta il 3 aprile dopo 288 giorni di sciopero della fame; il bassista della stessa band, Ibrahim Gokcek,  deceduto il 7 maggio dopo 323 giorni di digiuno; qualche giorno prima, il 24 aprile, la medesima sorte era toccata a Mustafa Kocak dopo 296 giorni di sciopero. Erano stati arrestati con l’accusa di far parte di DHKP-C, organizzazione di estrema sinistra, considerata terrorista dalle autorità turche.  In realtà la band popolarissima e militante  era oggetto di continui di attacchi da parte del Governo turco fino  all’interdizione dal palcoscenico.

    La repressione turca contro ogni dissenso

    In Turchia continua la repressione contro la libertà di espressione ed ogni forma di dissenso.
    Ad agosto è entrata in vigore la legge che  ha introdotto l’obbligo per le piattaforme online di ottenere il rilascio di una licenza da parte del Consiglio supremo per le comunicazioni radiotelevisive (Radyo ve televizyon üst kurulu – Rtük) .I contenuti delle piattaforme sarebbero stati monitorati dall’Rtük, ampliando i suoi poteri di censura sui contenuti online.  Centinaia di persone sono state sottoposte a fermo di polizia e, in almeno 24 casi, rinviate in custodia cautelare.

    Giornalisti, difensori dei diritti umani, politici e attivisti che dissentono dal regime di Erdogan, spesso vengono arrestati e condannati a vari anni di reclusione, senza prove e colpevoli di aver espresso il proprio dissenso. 

    Con l’emergenza sanitaria il governo turco ha innalzato ulteriormente l’asticella della repressione, iniziando una vera e propria crociata contro le opposizioni. Infatti,  secondo molti osservatori, Ankara sfrutta la pandemia per i propri scopi politici, basati sulla cultura della paura e dell’intimidazione.

    Durante l’emergenza Covid-19, la Turchia è stata costretta ad affrontare il sovraffollamento delle carceri su tutto il territorio. Il 7 aprile il parlamento ha discusso e approvato un provvedimento che prevedeva la scarcerazione di 90,000  detenuti. Tra questi però non vi sono giornalisti, attivisti, ex deputati, dirigenti di partito.  

     

     

     

     

     

     

     


  • Cosa prevede la riforma costituzionale del taglio dei parlamentari

    Cosa prevede la riforma costituzionale del taglio dei parlamentari

    Il 20 e 21 settembre si voterà per il referendum confermativo della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari.
    Mercoledì 12 agosto la Corte Costituzione ha dato via libera all’election day il 20 e 21 settembre, dichiarando inammissibili i 4 conflitti di attribuzione sollevati in merito all’accorpamento del referendum e delle elezioni per il rinnovo dei sette consigli regionali. A proporre i conflitti erano stati il Comitato per il no, +Europa, la regione Basilicata, e il senatore De Falco del gruppo misto.

    La riforma costituzionale

    La legge costituzionale prevede una drastica riduzione dei parlamentari da 945 a 600. I deputati passeranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. 

    Un quinto dei senatori, come previsto dal dettato costituzionale, ha richiesto di sottoporre la riforma al vaglio popolare. La richiesta, firmata da 71 senatori e depositata il 10 gennaio 2020, è stata ritenuta conforme all’articolo 138 della Costituzione dall’Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione.

    L’obiettivo è duplice: a un lato favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e dall’altro ridurre il costo della politica.

    La riforma consentirà all’Italia di allinearsi al resto d’Europa: l’Italia, infatti, è il paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo (945); seguono la Germania (circa 700), la Gran Bretagna (650) e la Francia (poco meno di 600).

    Quanto si risparmierebbe realmente con il taglio dei parlamentari

    Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il ministro Fraccaro hanno sostenuto più volte che il taglio dei parlamentari determinerà un risparmio di  circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui.  In realtà il risparmio sembra essere molto più contenuto.

    Secondo l‘Osservatorio dei Conti Pubblici il risparmio lordo annuo è di  53 milioni per le casse della Camera e  29 milioni per quelle del Senato, per un totale di 82 milioni. Il risparmio che si avrebbe in tutta la legislatura sarebbe di 410 milioni di euro, una cifra minore rispetto ai 500 milioni. Ma in realtà il risparmio reale è calcolato al netto delle imposte e dei contributi pagati dai parlamentari allo Stato stesso. Il risparmio annuo che si avrebbe con la riduzione dei parlamentari si riduce a 37 milioni per la Camera e 20 milioni per il Senato. Quindi il risparmio netto all’anno sarebbe di 57 milioni e  per l’intera legislatura è  di 285 milioni, una cifra molto bassa rispetto a quello prospettata da Di Maio.

     Il fronte del si

    La riduzione dei parlamentari è uno dei cavalli di battaglia del M5S. Secondo l’ex capo politico Luigi Di Maio  ci sarebbe un risparmio economico e uno snellimento delle procedure legislative.  Voteranno a favore del si anche Lega ( anche se non mancano dei distinguo) e Fratelli d’Italia.

    Valerio Onida, professore di diritto costituzionale e giudice costituzionale per un decennio, in un’intervista a Repubblica ha dichiarato che con il taglio dei parlamentari le Camere potrebbero funzionare meglio, se si coglie l’opportunità di mettere mano ai regolamenti e alle prassi parlamentari. Mentre ritiene debole  la motivazione economica, ovvero che la riduzione dei parlamentari porterà ad un risparmio di centinaia di milioni di euro. 

    Mauro Volpi, costituzionalista, in una ricca ed interessante relazione chiamata “La riduzione del numero dei parlamentari e il futuro della rappresentanza“, afferma che la riforma può essere positiva se viene approvata una legge elettorale in grado di garantire rappresentatività politica e territoriale, alcune disposizioni costituzionali, dei regolamenti parlamentari, volti a valorizzare il ruolo del Parlamento.

    Il fronte del no

    Il Pd che, un anno fa, aveva votato sì al taglio dei parlamentari con la garanzia di una legge elettorale proporzionale (oggi ferma in parlamento) e di modifiche regolamentari, è diviso. Sono contrari  Sinistra Italiana, + Europa, Partito Socialista, Azione e Forza Italia dove non mancano dei distinguo. Verso il no anche Italia Viva che, come il Pd, aveva votato  nel 2019 a favore della riforma. 

    A  sostenere il fronte del no, ci sono anche i comitati noino.eu, nati in occasione del referendum costituzionale  su iniziativa della Fondazione Luigi Einaudi.  Per i comitati occorre un progetto e una visione più ampia e organica.  E’ possibile ridurre gli  sprechi e le inefficienze dei procedimenti legislativi  anche senza indebolire la democrazia rappresentativa e il rapporto tra gli elettori e gli eletti. 

    Per il giurista  Vincenzo Musacchio,  la riduzione dei parlamentari è in realtà una vera e propria sconfitta per la democrazia. Con la nuova riforma l’Italia avrà il minor numero di deputati a discapito della rappresentanza dei cittadini. Saranno colpite le minoranze linguistiche, i partiti più piccoli, le forze dell’opposizione nei governi regionali. Un altro aspetto che non sarà agevolato, perchè si complicherà tantissimo, è il lavoro delle commissioni. Sarà necessario cambiare la legge elettorale per tutelare le minoranze,  ormai ferma da mesi in Parlamento. 

     

    Photo credits: Camera dei Deputati