Mese: Novembre 2020

  • Le pratiche antisindacali di Amazon

    Le pratiche antisindacali di Amazon

    Da qualche mese Amazon è nell’occhio del ciclone a causa dei comportamenti antisindacali. 
    In particolare Amnesty International
    ,
    in occasione del Black Friday, ha denunciato il modo in cui  l’azienda d’e-commerce tratta i lavoratori  di Francia, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti d’America, ma non solo.
    Dal rapporto intitolato “Amazon lasci i lavoratori organizzarsi in sindacati“, è  emerso  l’utilizzo di pratiche molto discutibili come la sorveglianza, i provvedimenti legali e l‘assenza di misure fondamentali per garantire la sicurezza sul posto di lavoro.

    “Da quando è iniziata la pandemia, i lavoratori e le lavoratrici di Amazon stanno rischiando la salute e la vita per garantire che beni essenziali siano consegnati davanti le nostre case, contribuendo così ad assicurare ad Amazon profitti record. Dato questo contesto, è allarmante che Amazon manifesti ostilità per i tentativi di organizzarsi in sindacato: essendo una delle più potenti aziende del mondo, questa materia dovrebbe conoscerla bene”, ha dichiarato Barbora Černušáková, ricercatrice e consulente di Amnesty International sui diritti economici, sociali e culturali. 

    L’antisindacalismo di Amazon

    Nonostante  l’azienda affermi di rispettare i diritti dei suoi lavoratori vicini alle organizzazioni, in realtà  compromette costantemente l’azione dei sindacati.
    Infatti, nei rapporti  annuali del 2018 e del 2019 ha identificato la loro esistenza come un “fattore di rischio” ma, nel 2018, ha persino sollecitato i dirigenti, attraverso un video formativo, a cercare “avvisaglie” di attività sindacali.

    Un altro elemento di forte preoccupazione è la sorveglianza dei lavoratori. Da centinaia di rapporti ottenuti da Motherboard è emerso che la divisione dell’azienda incaricata delle risorse umane ha monitorato per anni la vita privata di centinaia di migliaia di dipendenti perchè ritenuti una minaccia.
    Da anni l’azienda utilizza i social media per controllare i lavoratori che partecipano a diversi movimenti considerati una vera e propria minaccia alle sue operazioni.

    Ad accendere un ulteriore faro sulle discutibili pratiche di Amazon è stato un annuncio di lavoro per  “intelligence analyst”, il quale compito era controllare le “minacce di organizzazione dei lavoratori ai danni dell’azienda” e di monitoraggio di “leader politici ostili”. L’annuncio, reso virale grazie a Vice, si rivolgeva principalmente a persone con esperienza nelle forze dell’ordine o forze militari.

    Un gruppo di 37 eurodeputati  tramite una lettera a Jeff Bezos hanno chiesto spiegazioni in merito, definendosi  preoccupati che Amazon prenda di mira costantemente i lavoratori vicini ai sindacati.

    Mentre la confederazione sindacale Uni Global Union Europa, attraverso una lettera inviata ai commissari europei  ha Nicolas Schmit e Thierry Breton, ha chiesto alle autorità europee di aprire un’inchiesta sulle attività palesemente illegali di Amazon in Europa

     

    Immagine di copertina: pixabay.com

     

     

     

     

     

     

     


  • Francia, manifestazioni contro la proposta di legge che limita la diffusione di immagini e video dei poliziotti in azione

    Francia, manifestazioni contro la proposta di legge che limita la diffusione di immagini e video dei poliziotti in azione

    Sabato 28 novembre in 70 città della Francia si sono svolte le manifestazioni contro la  legge sicurezza globale,  proposta dal partito di Macron, a tutela degli agenti della polizia. I manifestanti contestano soprattutto l’articolo 24 che limita la diffusione di video e immagini dei poliziotti mentre sono in azione, a meno che i volti non siano offuscati.
    Ma i manifestanti protestavano anche per l’aggressione, avvenuta qualche giorno fa, a Parigi, nei confronti di un uomo che non portava la mascherina.

    Il corteo più grande si è svolto a Parigi, dove alcuni gruppi di manifestanti hanno incendiato delle auto, una filiare della banca e si sono scontrati con la polizia. Stando ai dati di FranceNews 24, negli scontri di Parigi ci sono 37  feriti tra le forze dell’ordine.

    Il Presidente Emmanuel Macron non ha ancora commentato quello che è accaduto sabato, ma il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha condannato le violenze contro la polizia, considerandole inaccettabili.

    La  proposta di legge e i dubbi espressi dall’ONU

    La  proposta di legge “sicurezza globale” è stata approvata martedì 24 novembre alla Camera bassa, con 388 voti favorevoli, 104 contrari e 66 astensioni. La prossima votazione sarà al Senato entro dicembre. Terminato l’iter parlamentare, il testo passerà al vaglio del Consiglio Costituzionale per valutare la legittimità costituzionale.

    La legge, pensata alla luce degli ultimi attentati terroristici, armerebbe di più la polizia e permetterebbe l’utilizzo di droni nei quartieri ad alto rischio.
    Ma il  passaggio più controverso della legge è l’articolo 24 che prevede una pena di un anno di carcere e una multa di 45mila euro per chi diffonde le immagini dei volti dei poliziotti o dei gendarmi durante un intervento, con l’intenzione di mettere in pericolo la loro incolumità psico-fisica. La  misura verrà applicata non solo ai media, ma anche a qualsiasi cittadino.

    I giornalisti e gli attivisti temono che questa misura sia un bavaglio alla libertà di stampa e che le brutalità commesse dagli agenti possano rimanere nascoste e quindi impunite.
    Simile preoccupazione è stata manifestata anche dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani: “Crediamo che l’adozione e l’applicazione di questa progetto di legge possa comportare una seria violazione delle libertà fondamentali dell’uomo», si legge nel comunicato indirizzato alle istituzioni francesi.” Per l’ONU la pubblicazione di video e immagini degli agenti non sono essenziali nell’ambito dell’informazione, ma è legittima in uno stato democratico.

    Il video diffuso in rete mentre dei poliziotti picchiavano un uomo di colore

    A rendere il clima ancora più rovente è stato un video diffuso in rete che ritraeva dei poliziotti mentre picchiavano un uomo perchè non portava la mascherina.

    Il ministro dell’Interno ha annunciato la sospensione dei tre poliziotti, mentre la Procura di Parigi aprirà un’indagine per verificare come sono andati i fatti.

    La polizia francese non è nuova a questi tipi di comportamenti. Negli anni è stata accusata più volte di essere violenta e di prendere di mira soprattutto i neri e nordafricani.

     

    Immagine di copertina: Cole Stagler


  • #FERMALATAMPONTAX: la petizione per ridurre l’Iva sugli assorbenti

    #FERMALATAMPONTAX: la petizione per ridurre l’Iva sugli assorbenti

    Gli assorbenti non sono un lusso, ma un bene di prima necessità.
    We World Onlus, in occasione della Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne, porterà in Parlamento la proposta di ridurre dal 22% al 5% l’Iva sugli assorbenti.

    La “Tampon Tax” rappresenta una violenza economica che colpisce le donne. L’emergenza sanitaria e sociale  in corso stanno incidendo in maniera diseguale tra uomini e donne. In un Paese in cui il 74% delle donne dichiara di occuparsi interamente della casa e della famiglia, il lockdown ha certamente peggiorato la condizione femminile, impattando sui carichi di lavoro domestici conseguenti alla chiusura di scuole e servizi e diminuendo quindi le opportunità di conciliazione vita-lavoro.

    Per l’occasione, è online la petizione promossa da We World Onlus che trovate qui 

    In Italia gli assorbenti sono un bene di lusso

    In Italia l’iva sugli assorbenti femminili fu introdotta nel 1973. Nel corso degli anni, l’imposta è passata dal 12% al 22%.

    Un anno fa, fu presentato da Laura Boldrini  l’ennesimo emendamento che riduceva l’Iva dal 22% al 10% su tamponi, assorbenti, coppe e spugne. Fu considerato inammissibile dalla commissione Finanze.
    Però fu approvato l’emendamento che abbassava l’Iva dal 22 al 5% per gli assorbenti biodegradabili e compostabili, i prodotti più costosi e meno usati dalle donne.
    Ma questa decisione fu presa in base all’impatto ambientale più che su una questione volta ad eliminare la disparità di genere.

    L’abolizione o l’abbattimento dell’imposta nel resto del mondo

    Il Canada ha abolito l’imposta  nel 2015 grazie ad una petizione. La stessa cosa è successa negli Stati Uniti nel 2016 e poi in altri sedici stati. Il Kenia l’ha abolita nel 2004 dopo accese manifestazioni, e anche in India la tassazione al 12% è stata totalmente eliminata nel 2018. In Cina, in particolare nelle università, hanno lanciato un programma che istituisce distributori gratuiti di assorbenti igienici nei bagni delle facoltà di tutto il paese.

    La Scozia ha reso gratuiti gli assorbenti per tutte le donne. In Germania dal 1 gennaio 2020, l’imposta sui prodotti igienici è scesa dal 19% al 7%.  Il Lussemburgo è passato dal 17% al 3%.  Il Regno Unito l’ha ridotta al 5% nel 2000, ma dopo cinque anni, l’Irlanda l’ha eliminata.