Mese: Giugno 2021

  • Le disfunzioni della filiera agricola: dalle pratiche sleali della grande distribuzione allo sfruttamento dei lavoratori

    Le disfunzioni della filiera agricola: dalle pratiche sleali della grande distribuzione allo sfruttamento dei lavoratori

    La notizia della morte di Fantamadi ci interroga per l’ennesima volta  sulle drammatiche condizioni di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori della filiera del cibo. Per Aboubakar Soumahoro di Lega Braccianti, è in corso una moderna schiavitù nell’indifferenza di tutti, in particolare della politica.

    Il settore agricolo è uno dei principali motori di sviluppo del Mezzogiorno. E’ qui infatti che ha origine la quasi totalità della produzione ortofrutticola nazionale. Ma nonostante tutto il Sud d’Italia arranca.
    La forte disgregazione tra gli addetti, la scarsità di politiche di filiera e la mancanza di organizzazione del lavoro sono le principali cause della fragilità del sistema agricolo meridionale. A questi si aggiungono il caporalato, lo sfruttamento dei braccianti, il lavoro nero e quello “grigio”.

    Le pratiche sleali

    L’associazione Terra con il rapporto “EUxplotation“, ha esaminato questi fenomeni in tre grandi aree agricole: Agro Pontino, la Piana del Sele e la Provincia di Foggia.

    Una delle tante criticità  riscontrate in queste zone  è la scarsa organizzazione agricola che impedisce di fare rete e  rafforza il potere negoziale della grande distribuzione organizzata nei confronti dei diversi soggetti coinvolti nella filiera.

    Tra le pratiche sleali messe in campo dalla grande distribuzione  ci sono le aste a doppio ribasso, per riuscire a strappare il prezzo più basso dei prodotti agricoli. In un primo momento è il Gdo a contattare i  fornitori, ai quali chiede di fare un offerta sul lotto. Raccolte le offerte, la catena convoca un altro tender, la cui base d’asta è l’offerta più bassa ricevuta a seguito della prima chiamata. I fornitori per assicurarsi la commessa, devono abbassare ancora di più il prezzo. E cosi la grande distribuzione riesce ad ottenere tagli fino al 30% rispetto al prezzo iniziale.

    Secondo uno studio dell’Associazione industrie beni di consumo, i gruppi discount riescono a raggiungere anche tagli fino al 50% del prezzo.

    Cosa si sta facendo da un punto di vista normativo

    A maggio la Commissione Agricoltura del Senato ha approvato all’unanimità il disegno di legge che vieta le aste a doppio ribasso, con un conseguente sbilanciamento del potere contrattuale della grande distribuzione organizzata a discapito del produttore.  Si tratta di un primo passo avanti per il recepimento della Direttiva Ue n 2019/633 sulle pratiche sleali.

    Caporalato, sfruttamento e lavoro “grigio”

    La manodopera impiegata nella raccolta e nel confezionamento dei prodotti agricoli è principalmente straniera. Gli immigrati lavoratori considerano il lavoro nei campi come momentaneo, in attesa di trovare impieghi migliori al Nord oppure all’estero.

    Nel foggiano sono presenti degli insediamenti informali che ogni estate si riempiono di migliaia di persone. In questi “ghetti” ci sono lavoratori che attendono di essere chiamati anche a giornata, in base alle esigenze del caporale, e persone in cerca di una solidarietà intra comunitaria, solitamente esclusi dall’accoglienza del Paese.

    Negli ultimi due anni si è registrato un nuovo fenomeno: l’impiego in agricoltura dei miranti ospiti nei centri di accoglienza. Gli ospiti di queste strutture accettano salari bassi e condizioni più gravose, abbassando i termini della contrattazione informale.

    Nelle aree analizzate dal rapporto EUxplotation, emerge il lavoro irregolare altamente diffuso: il lavoro grigio. I braccianti firmano dei contratti che prevedono settimanalmente un determinato numero di ore lavorate, anche se nella realtà sono molte di più. Con il lavoro grigio l’accordo viene stipulato in forma tacita. L’imprenditore assicura al lavoratore il lavoro tutto l’anno e in tal modo quest’ultimo potrà avere accesso alla disoccupazione agricola e agli ammortizzatori sociali.

    Oltre al lavoro grigio c’è anche il fenomeno dei falsi braccianti. Le giornate non segnate vengono “vendute” a lavoratori che non hanno mai prestato servizio, ma che pagando di tasca propria i contributi hanno accesso agli ammortizzatori sociali, alla disoccupazione agricola, assegni familiari e alla pensione agricola. Si tratta di una pratica molto diffusa: tra il 2015-2017 l’Inps ha individuato 92,780 falsi braccianti, con un danno all’erario centinaia di milioni di euro.

    La legge anti-caporalato

    A distanza di quasi di cinque anni dall’approvazione della legge 199 del 2016, nota come “legge anti-caporalato”, è possibile fare un primo bilancio. La parte della norma messa in pratica è quella repressiva. Le ispezioni nelle aziende agricole hanno portato ad arresti e sanzioni.  La parte non ancora applicata è quella proattiva, necessaria per combattere le cause del fenomeno. In contesti in cui la richiesta di lavoratori stagionali è alta il caporalato rimane purtroppo uno degli strumenti illegali per il reclutamento.

    Cosa fare

    Da parte dell’Italia sono stati fatti dei passi in avanti: dalla legge anti caporalato del 2016 al divieto delle aste online. Ma occorre fare di più. E’ fondamentale investire sulla  trasparenza della filiera con misure preventive che riducano al massimo la possibilità di che possano verificarsi situazioni di sfruttamento. In particolare sono fondamentali misure legislative che prevedano l’etichettatura trasparente, in grado di dare tutte le  informazioni non solo sulle origini del prodotto, ma anche sui fornitori. In modo che i consumatori facciano acquisti più consapevoli e rispettosi dei diritti umani e delle eccellenze del territorio.

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  • Ambiente, le influenze delle multinazionali dei fossili sul Pnrr

    Ambiente, le influenze delle multinazionali dei fossili sul Pnrr

    Il governo italiano ha dovuto fare marcia indietro sull’idrogeno prodotto dal gas, perchè per l’Ue non è “green”. Nel documento viene specificato che il gas naturale non riceverà alcun finanziamento  europeo per i progetti legati all’utilizzo dell’idrogeno in settori “hard-abate”. I fondi  quindi dovranno sostenere la produzione di idrogeno elettrolitico a partire dalle fonti rinnovabili.  Di conseguenza la bocciatura  da parte della Commissione Europea ha mandato in fumo i progetti dell’Eni e di Acciaierie d’Italia (ex Ilva).

    Le influenze delle multinazionali del fossile sul Pnrr

    Nel nuovo rapporto “Ripresa e Connivenza” di ReCommon e di Fossil Free Politics, si evidenzia come Eni e Snam siano riuscite tramite un’azione capillare di lobbying a imporre le loro agende al governo italiano per cercare di prendere fette importanti dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

    Nel rapporto si specifica che da quando è stato annunciato il Pnrr a fine luglio 2020, ad oggi, l’industria del fossile è riuscita ad ottenere 102 incontri con i ministeri incaricati di redigere il piano: una media di 2 incontri a settimana.

    Eni, la principale multinazionale del fossile, ha tenuto circa 20 incontri ufficiali.  Il Cane a sei zampe infatti è riuscito a far si che le successive versioni del Recovery Plan collimassero sempre di più con il piano industriale. Stesso numero di incontri anche per Snam, la società che controlla  la rete di gasdotti in Italia e nel resto del continente europeo.

    Oltre al tentativo di accaparrarsi investimenti pubblici con il Pnrr, le aziende dei fossili si sono lanciate anche nel  smantellamento capillare di quei pochi strumenti legislativi a cui le comunità potevano ricorrere per difendere e per opporsi ai progetti imposti sul loro territori.

    Il ministero dello Sviluppo Economico ha giocato un ruolo chiave nell’orientare il Recovery Plan, ma decisiva è stata la  costituzione del ministero della Transizione ecologica, guidato da Roberto Cingolani, sempre  pronto ad ascoltare le istanze dei vertici del settore dei combustibili fossili.

    L’azione l’hobbistica ha raggiunto l’apice con il governo Draghi

    Secondo la ricerca di ReCommon, l’azione l’hobbistica ha raggiunto il suo apice nei mesi successivi all’insediamento del governo Draghi. L’industria fossile ha partecipato a dozzine di audizioni parlamentari. Tra febbraio e aprile 2021, il comparto energetico ha preso letteralmente d’assalto i centri di potere istituzionali, organizzando 49 incontri con il ministero per la Transizione Ecologica e quello per lo Sviluppo Economico.

    Il risultato è stato che in pochi mesi per l’idrogeno sono stati stanziati 4,2 miliardi di euro,  un piano sonoramente bocciato dalla Commissione Europea. Si trattava di una cifra notevolmente aumentata, rispetto a un miliardo del precedente piano.

    E’ disarmante la facilità con la quale le lobby del fossile sono riuscite a influenzare le scelte dei governi rispetto a un Piano di investimenti che condizionerà non poco il futuro del Paese. Ci fa comprendere la necessità di riconquistare dal baso spazi di democraticità, senza i quali sarà impossibile vincere battaglie epocali come quella per la giustizia climatica” ha dichiarato Alessandro Runci, di ReCommon, autore del rapporto.

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  • Morire sotto il caldo in condizioni disumane e per pochi euro

    Morire sotto il caldo in condizioni disumane e per pochi euro

    In  24  ore sono morti due giovani,  mentre lavoravano in condizioni disumane e per pochi euro, sotto un’afa insopportabile. Succede anche questo nella “civilissima” Italia 2021, dove ormai i politici più che occuparsi dei problemi del Paese, pensano a fare gli influencer  sui social.

    Fantamadi Camara, 27 anni, originario del Mali, giovedì pomeriggio è stato stroncato da un malore, dopo quattro ore di lavoro nei campi, sotto un caldo torrido. Il ragazzo era arrivato da poco in Puglia  e  lavorava nei campi per 6 euro all’ora.

    Dopo la morte di Fantamadi, il sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi, ha vietato il lavoro nei campi nelle ore più calde. Lunedì scorso anche il sindaco di Nardò (Lecce), Pippi Melone, tenendo conto del rischio di esposizione alle temperature calde, ha vietato il lavoro nei campi su tutto il territorio comunale, dalle ore 12:30 alle 16:00. Sabato, nel tardo pomeriggio,  è intervenuto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, con  un’ordinanza che prevede il divieto di lavorare nei campi nelle ore più calde della giornata fino al 31 agosto.

    Antonio Valente, 35 anni di Miggiano, è morto mentre distribuiva i volantini sotto un caldo insopportabile. Anche lui tanto lavoro, pochi soldi e poche tutele come Fantamadi. Il sindaco e i concittadini lo ricordano come una persona che nel lavoro non si risparmiava mai.

    L’Italia è piena di storie di sfruttamento e di tragedie di persone che pur di guadagnare un tozzo di pane per la propria famiglia ci hanno rimesso la  vita sui posti di lavoro. Una realtà che cozza con la sgradevole narrazione de “il lavoro c’è, ma non si trovano i lavoratori”, che quasi giornalmente ci propinano  giornali, telegiornali  e qualche imprenditore e politico.

    Una delle tante emergenze  di questo paese è il lavoro e le sue tutele. Proposte di lavoro e collaborazioni gratuite o sottopagate sono all’ordine del giorno. Sono la normalità. Ma tutti ciò non è normale. E’ arrivato il momento di mettere fine a queste  gravissime distorsioni e la politica in primis ha il dovere di farsene carico.

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    Immagine di copertina: www.globalist.it