La notizia della morte di Fantamadi ci interroga per l’ennesima volta sulle drammatiche condizioni di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori della filiera del cibo. Per Aboubakar Soumahoro di Lega Braccianti, è in corso una moderna schiavitù nell’indifferenza di tutti, in particolare della politica.
Il settore agricolo è uno dei principali motori di sviluppo del Mezzogiorno. E’ qui infatti che ha origine la quasi totalità della produzione ortofrutticola nazionale. Ma nonostante tutto il Sud d’Italia arranca.
La forte disgregazione tra gli addetti, la scarsità di politiche di filiera e la mancanza di organizzazione del lavoro sono le principali cause della fragilità del sistema agricolo meridionale. A questi si aggiungono il caporalato, lo sfruttamento dei braccianti, il lavoro nero e quello “grigio”.
Le pratiche sleali
L’associazione Terra con il rapporto “EUxplotation“, ha esaminato questi fenomeni in tre grandi aree agricole: Agro Pontino, la Piana del Sele e la Provincia di Foggia.
Una delle tante criticità riscontrate in queste zone è la scarsa organizzazione agricola che impedisce di fare rete e rafforza il potere negoziale della grande distribuzione organizzata nei confronti dei diversi soggetti coinvolti nella filiera.
Tra le pratiche sleali messe in campo dalla grande distribuzione ci sono le aste a doppio ribasso, per riuscire a strappare il prezzo più basso dei prodotti agricoli. In un primo momento è il Gdo a contattare i fornitori, ai quali chiede di fare un offerta sul lotto. Raccolte le offerte, la catena convoca un altro tender, la cui base d’asta è l’offerta più bassa ricevuta a seguito della prima chiamata. I fornitori per assicurarsi la commessa, devono abbassare ancora di più il prezzo. E cosi la grande distribuzione riesce ad ottenere tagli fino al 30% rispetto al prezzo iniziale.
Secondo uno studio dell’Associazione industrie beni di consumo, i gruppi discount riescono a raggiungere anche tagli fino al 50% del prezzo.
Cosa si sta facendo da un punto di vista normativo
A maggio la Commissione Agricoltura del Senato ha approvato all’unanimità il disegno di legge che vieta le aste a doppio ribasso, con un conseguente sbilanciamento del potere contrattuale della grande distribuzione organizzata a discapito del produttore. Si tratta di un primo passo avanti per il recepimento della Direttiva Ue n 2019/633 sulle pratiche sleali.
Caporalato, sfruttamento e lavoro “grigio”
La manodopera impiegata nella raccolta e nel confezionamento dei prodotti agricoli è principalmente straniera. Gli immigrati lavoratori considerano il lavoro nei campi come momentaneo, in attesa di trovare impieghi migliori al Nord oppure all’estero.
Nel foggiano sono presenti degli insediamenti informali che ogni estate si riempiono di migliaia di persone. In questi “ghetti” ci sono lavoratori che attendono di essere chiamati anche a giornata, in base alle esigenze del caporale, e persone in cerca di una solidarietà intra comunitaria, solitamente esclusi dall’accoglienza del Paese.
Negli ultimi due anni si è registrato un nuovo fenomeno: l’impiego in agricoltura dei miranti ospiti nei centri di accoglienza. Gli ospiti di queste strutture accettano salari bassi e condizioni più gravose, abbassando i termini della contrattazione informale.
Nelle aree analizzate dal rapporto EUxplotation, emerge il lavoro irregolare altamente diffuso: il lavoro grigio. I braccianti firmano dei contratti che prevedono settimanalmente un determinato numero di ore lavorate, anche se nella realtà sono molte di più. Con il lavoro grigio l’accordo viene stipulato in forma tacita. L’imprenditore assicura al lavoratore il lavoro tutto l’anno e in tal modo quest’ultimo potrà avere accesso alla disoccupazione agricola e agli ammortizzatori sociali.
Oltre al lavoro grigio c’è anche il fenomeno dei falsi braccianti. Le giornate non segnate vengono “vendute” a lavoratori che non hanno mai prestato servizio, ma che pagando di tasca propria i contributi hanno accesso agli ammortizzatori sociali, alla disoccupazione agricola, assegni familiari e alla pensione agricola. Si tratta di una pratica molto diffusa: tra il 2015-2017 l’Inps ha individuato 92,780 falsi braccianti, con un danno all’erario centinaia di milioni di euro.
La legge anti-caporalato
A distanza di quasi di cinque anni dall’approvazione della legge 199 del 2016, nota come “legge anti-caporalato”, è possibile fare un primo bilancio. La parte della norma messa in pratica è quella repressiva. Le ispezioni nelle aziende agricole hanno portato ad arresti e sanzioni. La parte non ancora applicata è quella proattiva, necessaria per combattere le cause del fenomeno. In contesti in cui la richiesta di lavoratori stagionali è alta il caporalato rimane purtroppo uno degli strumenti illegali per il reclutamento.
Cosa fare
Da parte dell’Italia sono stati fatti dei passi in avanti: dalla legge anti caporalato del 2016 al divieto delle aste online. Ma occorre fare di più. E’ fondamentale investire sulla trasparenza della filiera con misure preventive che riducano al massimo la possibilità di che possano verificarsi situazioni di sfruttamento. In particolare sono fondamentali misure legislative che prevedano l’etichettatura trasparente, in grado di dare tutte le informazioni non solo sulle origini del prodotto, ma anche sui fornitori. In modo che i consumatori facciano acquisti più consapevoli e rispettosi dei diritti umani e delle eccellenze del territorio.
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