Il governo italiano ha dovuto fare marcia indietro sull’idrogeno prodotto dal gas, perchè per l’Ue non è “green”. Nel documento viene specificato che il gas naturale non riceverà alcun finanziamento europeo per i progetti legati all’utilizzo dell’idrogeno in settori “hard-abate”. I fondi quindi dovranno sostenere la produzione di idrogeno elettrolitico a partire dalle fonti rinnovabili. Di conseguenza la bocciatura da parte della Commissione Europea ha mandato in fumo i progetti dell’Eni e di Acciaierie d’Italia (ex Ilva).
Le influenze delle multinazionali del fossile sul Pnrr
Nel nuovo rapporto “Ripresa e Connivenza” di ReCommon e di Fossil Free Politics, si evidenzia come Eni e Snam siano riuscite tramite un’azione capillare di lobbying a imporre le loro agende al governo italiano per cercare di prendere fette importanti dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Nel rapporto si specifica che da quando è stato annunciato il Pnrr a fine luglio 2020, ad oggi, l’industria del fossile è riuscita ad ottenere 102 incontri con i ministeri incaricati di redigere il piano: una media di 2 incontri a settimana.
Eni, la principale multinazionale del fossile, ha tenuto circa 20 incontri ufficiali. Il Cane a sei zampe infatti è riuscito a far si che le successive versioni del Recovery Plan collimassero sempre di più con il piano industriale. Stesso numero di incontri anche per Snam, la società che controlla la rete di gasdotti in Italia e nel resto del continente europeo.
Oltre al tentativo di accaparrarsi investimenti pubblici con il Pnrr, le aziende dei fossili si sono lanciate anche nel smantellamento capillare di quei pochi strumenti legislativi a cui le comunità potevano ricorrere per difendere e per opporsi ai progetti imposti sul loro territori.
Il ministero dello Sviluppo Economico ha giocato un ruolo chiave nell’orientare il Recovery Plan, ma decisiva è stata la costituzione del ministero della Transizione ecologica, guidato da Roberto Cingolani, sempre pronto ad ascoltare le istanze dei vertici del settore dei combustibili fossili.
L’azione l’hobbistica ha raggiunto l’apice con il governo Draghi
Secondo la ricerca di ReCommon, l’azione l’hobbistica ha raggiunto il suo apice nei mesi successivi all’insediamento del governo Draghi. L’industria fossile ha partecipato a dozzine di audizioni parlamentari. Tra febbraio e aprile 2021, il comparto energetico ha preso letteralmente d’assalto i centri di potere istituzionali, organizzando 49 incontri con il ministero per la Transizione Ecologica e quello per lo Sviluppo Economico.
Il risultato è stato che in pochi mesi per l’idrogeno sono stati stanziati 4,2 miliardi di euro, un piano sonoramente bocciato dalla Commissione Europea. Si trattava di una cifra notevolmente aumentata, rispetto a un miliardo del precedente piano.
“E’ disarmante la facilità con la quale le lobby del fossile sono riuscite a influenzare le scelte dei governi rispetto a un Piano di investimenti che condizionerà non poco il futuro del Paese. Ci fa comprendere la necessità di riconquistare dal baso spazi di democraticità, senza i quali sarà impossibile vincere battaglie epocali come quella per la giustizia climatica” ha dichiarato Alessandro Runci, di ReCommon, autore del rapporto.
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