Oggi ci si interroga sulle ragioni che hanno portato Putin a invadere l’Ucraina. Alcuni lo considerano un pazzo oppure una persona malata sotto l’effetto di alcuni farmaci. Non ci sono risposte semplici. Ma ripercorrendo i 23 anni di potere di Putin, ci rendiamo conto che la guerra è lo strumento per regolare le relazioni internazionali della Russia.
La guerra in Cecenia
Il 30 agosto 1996 la firma degli Accordi di Khasavyur sancì la sconfitta russa nella prima guerra in Cecenia. In questo contesto Putin giunse al potere nel 1999.
Il suo predecessore Serghiei Stepashin inviò le truppe nella regione caucasica del Daghestan. I risultati ribaltarono completamente l’esito della prima guerra cecena, nella quale la maggioranza del territorio ceceno divenne parte dell’autoproclamatasi Repubblica cecena di Ichkeria. Una serie di attacchi terroristici a Mosca fu attribuita da Putin ai terroristi islamici ceceni, quella fu la scusa russa che diede luogo a un nuovo assalto a Grozny (21 ottobre 1999), dove un missile bersagliò un mercato. Otto giorno dopo, un aereo russo bombardò un convoglio di profughi, provocando la more di altri 25 morti.
L’ascesa ad interim di Putin alla fine del 1999 rafforzò l’intenzione della Russia di mantenere la Cecenia all’interno della Federazione. I duri scontri tra l’esercito russo e i 2.000 ribelli ceceni continuarono fino agli inizio di febbraio 2000. Le elezioni di marzo 2000, lo confermeranno al Cremlino con il 53% dei voti. Giurò come presidente il 7 maggio 2000. Nonostante le polemiche sulle violazioni dei diritti umani, la Comunità Internazionale non intervenì.
Nel 2003 Putin organizzò un referendum dove la maggioranza dei ceceni votò a favore dell’assegnazione alla Cecenia dello status di repubblica all’interno della Federazione Russa.
La guerra in Georgia
La Georgia, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, dichiarò la sua indipendenza nel 1991. Nel contempo il paese doveva fare i conti le istanze secessionistiche come l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. Le richieste di maggior autonomia sfociarono dopo il 1991 in aperti scontri etno-territoriali con le autorità di Tbilisi. Agli accordi sul cassate il fuoco non furono mai seguiti da un accordo di pace.
Il 7 agosto 2008 ebbe inizio un’operazione militare georgiana di ampia scala contro la città di Tskhinvali, in Ossezia del Sud. Mosca intervenne al fianco dei seccessionisti, aiutati da Putin ( come ha fatto con le repubbliche indipendentiste del Donbass). Tiblisi e la comunità internazionale accusarono i separatisti di aver cercato la guerra attaccando i militari georgiani. Mosca invece puntò il dito contro il presunto tentativo georgiano di mettere in pericolo la minoranza filorussa nel Paese. La Russia iniziò un’intensa campagna mediatica per giustificare il suo intervento in Georgia facendolo apparire come un’operazione di peace keeping (mantenimento della pace).
Con la mediazione dell’allora presidente francese Nicolas Sarkozy il 12 agosto fu raggiunto l’accordo per il cessate il fuoco. Mosca riconobbe formalmente l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud.
Scontri nel Donbass
Nel 2014, dopo gli scontri di piazza Maidan e il governo filo-russo di Yanukovic rovesciato, Putin occupò militarmente la Crimea. Nello stesso tempo (2014) si scatenò una guerra civile nelle regioni di Lugansk e di Donetsk, che si autoproclamarono indipendenti dall’Ucraina anche grazie all’aiuto occulto di Putin.
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Di conseguenza in questi anni i rapporti tra Mosca e l’Occidente si sono ulteriormente deteriorati.
La guerra in Siria
Nel settembre 2015 la Russia entrò nel conflitto in Siria, a fianco del regime sanguinario di Bashar Assad. Per Putin fu un’opportunità per permettere a Mosca di tornare a proiettare la propria forza militare in Medio Oriente. Nel 2019 Putin si è assicurato un contratto di locazione di 49 anni del porto siriano di Tartous, dove si trovano le sue navi da guerra nel Mediterraneo.
La Siria è stata un campo di prova per la Russia. In questo contesto si utilizzarono munizioni al fosforo, bombe termobariche e bombe a grappolo – vietate dai trattati internazionali – prendendo di mira ospedali, mercati e abitazioni. Infatti, sono state numerose le denunce di crimini di guerra perpetrati dai russi. La guerra imperialista in Siria ha provocato la morte di circa 23 mila persone. Inoltre, l’autocrate russo etichettava terroristi tutti coloro che si opponevano al regime di Assad.
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